sabato 20 giugno 2015

VIDEO E INTERVENTO SCRITTO DI L. MORTARA ALLA CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE DELLA CGIL DI VERCELLI





Pubblichiamo il video e la rielaborazione scritta dell'intervento di Lorenzo Mortara, omaggio a ROSA LUXEMBURG, per IL SINDACATO È UN'ALTRA COSA - OPPOSIZIONE CGIL, alla Conferenza di Organizzazione della CGIL di Vercelli. La Conferenza si è tenuta a Caresana Blot (VC), Venerdì 19 Giugno 2015.  


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Buongiorno a tutti,

innanzitutto ringrazio chi ha deciso di farmi intervenire. Pensavo di non farlo o di iscrivermi più tardi. La dirigenza stavolta ha deciso di fregarmi sommergendomi con un eccesso di democrazia! Bene, me ne rallegro, resta il fatto, però, che non mi son preparato nulla, quindi sarò breve e mi soffermerò soltanto su un paio di punti. Anche perché in fondo sapete bene come la penso e non è necessario che vi ripeta sempre le stesse cose.

Il documento della Conferenza di Organizzazione, al di là delle beghe interne tra maggioritari ed emendatari, della «notte dei lunghi coltelli» che si profila all’orizzonte per i tagli che si andranno a fare, non è altro che un ulteriore passo verso la cislizzazione della CGIL, verso un sindacato che non solo ha smesso di contrattare, ma dopo aver smesso anche di concertare, ha accettato, nonostante i continui brontolii, il suo nuovo ruolo: quello di semplice ratificatore del volere padronale, come mostrano chiaramente gli ultimi rinnovi contrattuali del commercio e dei bancari, che per 85 euro lordi di “aumento”, se così si può chiamare, spalmati su più di 4 anni, incassano senza fiatare il Jobs act, il demansionamento e tutti gli altri colpi bassi che l’ingordigia senza fine dei padroni è riuscita a sferrare sotto il Governo del loro nuovo paggetto: Renzi.

Per la CGIL e la sua segretaria nazionale, sembra che non ci sia altra strada al di là di quella dell’adozione più rapida possibile del modello Cisl. È a questo che, in fondo, Susanna Camusso ha lavorato durante tutto il suo ormai doppio mandato. Eppure, siamo sicuri che quello sia il modello giusto o che un altro sia proprio tramontato?

Lo dico perché in questi giorni, c’è un dato sindacale che non possiamo non sottolineare, ed è la brillante vittoria, a tratti schiacciante, della FIOM nelle elezioni degli RLS in Fca, in Fiat Chrysler Automotive. Vittoria che è ancora più significativa se pensiamo alle condizioni nelle quali è stata ottenuta. La FIOM in Fca è il primo sindacato per gli RLS nonostante non si giocasse ad armi pari. A differenza di Fismic, Fim, Uilm e Ugl, la FIOM non aveva agibilità sindacali da spendere nella tornata elettorale. Non aveva le spalle coperte dalla propaganda aziendale e mediatica, anzi aveva tutti contro. Eppure ha vinto, in maniera netta, convincente. E noi, per altro, non avevamo grandi dubbi sul risultato finale, perché, pur con tutti i limiti che in questi anni Landini ha mostrato, limiti che non stiamo qui a ripetere per l’ennesima volta, sapevamo che i lavoratori avrebbero riconosciuto nella sua e nella nostra FIOM l’unico referente serio per la tutela dei loro diritti. Perché non ci va molto a capire che di un sindacato complice, di semplice ratifica del peggioramento delle loro condizioni, nel giro di poco i lavoratori non sanno più che farsene.

Se la FIOM ha vinto, la sua vittoria è anche e soprattutto la sconfitta di quel modello sindacale a cui la CGIL guarda da un po’ troppo tempo.

Questa vittoria dovrebbe far riflettere tutti quelli che in questi anni hanno disprezzato la FIOM e la sua linea, sommergendola di critiche superficiali. Quante volte anche qua abbiamo sentito dire, la FIOM ha perso, la FIOM è fuori, la FIOM è stata asfaltata da Marchionne, eccetera. Non c’è solo Renzi che ci ha dato per morti, anche tanti, troppi dirigenti del nostro sindacato l’hanno fatto. Come se loro avessero qualche vittoria da mostrare, solo perché avevano un contratto bidone firmato in tasca, e solo perché, grazie a questo, erano e sono riconosciuti dalla controparte con permessi, per altro sempre più decrescenti lo stesso, per sé e per l’apparato.

A dispetto delle apparenze, però, non ci sono oggi, tra i sindacati, vincitori e vinti, ma solo gradazioni diverse della stessa sconfitta. La vittoria elettorale della FIOM per gli RLS, non cambia il fatto che in generale Marchionne stia vincendo, e la FIOM in Fca stia perdendo. Ma la partita non è finita, e in questa battaglia la vittoria per gli RLS segna per la FIOM un altro punto a suo favore. Gli altri sindacati, compreso il resto della CGIL, di punti a favore, in questi anni, non ne hanno segnati manco uno, perché contratti e riconoscimento ai tavoli non sono punti a favore se slegati dall’interesse dei lavoratori e dal miglioramento delle loro condizioni. I tavoli permanenti, sono riconosciuti dalla controparte, proprio perché danno ai padroni la garanzia che i problemi resteranno permanentemente irrisolti.

La volgarità dell’accusa alla FIOM di essere sconfitta, è doppiamente indecente e inaccettabile quando viene dall’interno della CGIL e del suo gruppo dirigente. Perché viene da un ceto burocratico che ha perso così tanto la bussola da dimenticare che, tutta la Storia del Movimento Operaio, è la Storia di innumerevoli sconfitte, costellate qua e là da qualche sporadica vittoria. Un movimento operaio che vince sempre o al massimo pareggia, come regolarmente ci viene detto dal dirigente di turno che deve difendere ciò che ha firmato, è un movimento operaio che bluffa.

Ai tempi della concertazione, ad ogni firma si era vinto, e se non si era vinto comunque si erano fatti significativi passi avanti. Oggi, ai tempi della ratifica, questa balla è troppo grossa e non regge, ce ne vuole una minore, quella del pareggio. L’abbiamo sentito proprio qua all’ultimo direttivo a proposito del contratto dei bancari. E siamo sicuri che una giustificazione analoga circoli in tutti i direttivi d’Italia. È un contratto difensivo quello dei bancari, recita la nuova scusa. Dei banchieri e dei padroni sicuramente. Ma dei lavoratori no, rispondiamo noi!

Contratto difensivo è pura tautologia. Un contratto o è difensivo o non è. Perché dire di un contratto che è difensivo, significa ammettere anche che ne esistano di non difensivi. E quando mai li abbiamo firmati, se ai tempi della concertazione si vinceva e oggi, ai tempi della ratifica, si pareggia? Se stiamo a tutte le incredibili giustificazioni trovate dai nostri dirigenti per ogni firma a rovescio che hanno messo sulla nostra pelle, noi in questi ultimi 25 anni non avremmo perso un solo diritto. Anche se ripercorrendo tutta la strada che va dagli accordi del 1993 ad oggi, ne trovate sul ciglio uno morto ad ogni chilometro. La domanda che si porrà un lavoratore sentendo queste cose è: dove e quando li abbiamo persi se, nella peggiore delle ipotesi, i nostri dirigenti ci hanno difesi?

Se il contratto fosse davvero difensivo, allora vorrebbe dire che oggi ratificando, ieri concertando, si possono tutelare i lavoratori. Non staremmo nemmeno qui a discutere e non ci sarebbe questa Conferenza d’allarme che è la Conferenza di Organizzazione. In realtà, la Storia fallimentare che va dalla concertazione del 1993 alla ratifica del 2015, dimostra che solo confliggendo coi padroni si possono difendere i lavoratori. Perché solo accettando il conflitto, che esiste come esiste l’acqua e non può essere evitato, si può riuscire a vincere. Soltanto il “vecchio” sindacato di classe può difendere i lavoratori. Il sindacato nuovo, che nuovo non è ma è ancora più vecchio e retrogrado, non può farlo e può solo perdere, perché è il sindacato, in fondo, dell’altra classe.

La sconfitta su tutta la linea che va dal 1993 a oggi è evidente. Se nel 1993 bastava essere miopi per non vederla, oggi bisogna essere proprio ciechi, perché anche i miopi ce la fanno. Non ci sarebbe da vergognarsi se non fosse arrivata con la complicità pressoché totale dell’apparato. Perché, lo ripetiamo, la nostra storia non è altro che la storia delle nostre sconfitte. Già Marx ed Engels nel Manifesto lo ricordavano:

ogni tanto vincono gli operai; ma solo transitoriamente. Il vero e proprio risultato delle loro lotte non è il successo immediato ma il fatto che l’unione degli operai si estende sempre più.

Anche nelle sconfitte, gli operai rafforzano la loro coscienza di classe. Se hanno lottato. Il dramma senza fine della catena di sconfitte a cui la dirigenza ci ha portato, è che sono sconfitte che servono a poco o a niente. Perché volute e ottenute senza dare battaglia. Disastrose proprio perché, a differenza di quelle ottenute sul campo, le sconfitte per codardia, prive di scioperi e mobilitazioni, generano disgregazione ed incoscienza.

E a proposito di sconfitte, in questi giorni, in Italia, si celebrano i cent’anni di una delle più grandi sconfitte del Movimento Operaio: la Prima Guerra Mondiale. L’Italia vi entrò nel 1915, gli operai del mondo, invece, vi erano entrati un anno prima a causa della socialdemocrazia tedesca, l’attuale SPD, che capitolò al reichstag tedesco il 4 Agosto 1914 più o meno come capitolano tutti i nostri dirigenti davanti ai padroni. Votando i crediti di guerra come un Bertinotti qualunque che dà il via libera alle missioni di pace in Afghanistan, la socialdemocrazia tedesca dette il via libera ai padroni perché mandassero gli operai a massacrarsi sui campi di battaglia per i loro mercati. È grazie ai pochi che si opposero che il Movimento Operaio seppe trarre qualche lezione da quella catastrofe e di lì a pochi anni rialzarsi. Tra questi, vi era Rosa (Rosalia) Luxemburg, la più grande dei nostri dirigenti di allora e di oggi.

Rosa faceva un parallelo tra la socialdemocrazia tedesca e il Movimento Operaio. Il Movimento Operaio, diceva, arriva all’appuntamento con la sua vittoria finale, l’eliminazione dello sfruttamento e del sistema capitalistico, di sconfitta in sconfitta. La socialdemocrazia tedesca invece, era arrivata al suo tracollo del 4 Agosto, di vittoria in vittoria. Sembrava inarrestabile la sua ascesa. Diritto di voto, i primi parlamentari, le prime conquiste sociali di welfare. Questi erano i suoi risultati, le sue credenziali. Ma il 4 Agosto, di fronte alla prova più seria, trovò la sua Waterloo e si liquefò come neve al sole. Da allora si aggira come un fetido cadavere per l’Europa continuamente rianimata da tutti i burocrati, di questo o quel colore, purché non sia rosso, che per tornaconto personale non le hanno dato il colpo di grazia.

Alla fine di quei giorni drammatici, subito dopo, anche Rosa perse la vita, uccisa e massacrata dai suoi stessi compagni che non avevano difeso come lei la causa dei lavoratori, ma erano passati armi e bagagli a difendere quella dei Krupp. Perché anche Rosa Luxemburg è in fondo una sconfitta, nonostante la sua immensa, straordinaria grandezza e il suo fulgido esempio. Una donna sconfitta, una compagna, una militante che ci ha rimesso le piume. Una di noi. Quello che va in scena da noi da 20 anni è l’opposto. Dirigenti sconfitti che non ci rimettono niente, anzi, si appuntano le penne sul capo. Saranno anche compagni, ma non sono dei nostri. C’è quello che ti leva la scala mobile, e va a pavoneggiarsi al Parlamento Europeo; c’è quello che introduce il precariato, e per ricompensa diventa Gran Visir della Camera dei deputati borghesi, e poi c’è il peggio del peggio, oggi, cioè tutto l’ex Gotha della CGIL, Epifani in testa, riunito e promosso tra gli inutili burattini del PD renziano che vota compatto l’approvazione del Jobs Act.

Questo è il dramma, e questa è la vergogna. La Conferenza di organizzazione in fondo è tutta qui. È la conferenza tra due modi di intendere la sconfitta. Da una parte la CGIL maggioritaria della Camusso, una CGIL che vuole campare sulle nostre rovine promuovendosi ad ogni sconfitta, e dall’altra una CGIL minoritaria rappresentata dalla FIOM, e soprattutto dalla sua ala radicale, Il Sindacato è un’altra cosa, che alla sconfitta vuole almeno reagire. Il compito nostro è quello di fare in modo che i tagli che andranno a colpire il corpo della CGIL, incidano il meno possibile su questa parte, quella più sana. Se proprio devono esserci che siano fatti sull’altra di parte, quella tanto malata da essere forse irrecuperabile.

Io ovviamente non vi auguro di perdere, tanto meno di fare la fine tragica di Rosa Luxemburg. Vi auguro ovviamente di vincere, ma se proprio non possiamo vincere, vi auguro di perdere almeno con dignità. Perché è questo lo scontro che andrà in scena con la Conferenza di Organizzazione. Lo scontro tra una CGIL che perde senza onore e senza dignità e una FIOM a cui, pur nella sconfitta, va riconosciuto almeno l’onore delle armi. Ed è grazie a questo onore che tornerà alta la nostra bandiera. La bandiera rossa della CGIL e del Movimento Operaio.

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NOTA FINALE – Alla fine del dibattito, oltre al Documento Nazionale sulla Conferenza di Organizzazione, è stato messo ai voti anche un Documento Territoriale, riportato più sotto, redatto da emendatari e scontenti vari. Dopo un consulto via telefono con altri compagni d’Area, l’idea era quella di votare contro a tutti e due. Sentendo però il Documento Territoriale, crediamo che, a parte i sostenitori, nessuno ne abbia compreso il senso. Tanto meno noi. Non capire non è un problema quando non c’è altro da fare. Perciò, ad andare fino in fondo votando contro, ci sembrava di voler infierire. Tanto più che una sua stessa sostenitrice, è intervenuta per dire che tanto sarà cestinato prima ancora che arrivi a Roma. Noi materialisti incalliti, non siamo così ingenui e sappiamo che, nonostante sia passato ci pare con solo 5 astensioni o poco più, per risparmiargli un viaggio a metà, sarà cestinato direttamente a Vercelli, e ben gli sta, visto che non merita di arrivare nemmeno a Palestro chi propone di contrastare il nulla centrale, facendogli il verso col nulla territoriale, che raddoppia solo il brusio, senza per altro emettere un suono. Così ci siamo astenuti. Il Documento Territoriale, è un documento da limbo dantesco, non da Opposizione CGIL. Come tale non merita un voto, né a favore né tanto meno contro. Lo si ascolta in silenzio per l’ultima volta, proprio la prima in cui viene pronunciato, poi si passa avanti in attesa del prossimo requiem.

Il Documento Nazionale, invece, è passato con 51 voti a favore, 35 contrari e 16 astenuti. Tenuto conto di come vanno queste conferenze, con le truppe che definirle Cammussate è essere generosi, non aver raggiunto il 50% + 1 degli aventi diritto, è un bel fallimento politico per i maggioritari. Ne segue che miglior successo sindacale, noi non potevamo sperare. Per ora!

ULTIMA NOTAZIONE: avevamo presentato un ordine del giorno sulle pensioni. Alle 14 circa ci è stato chiesto di ritirarlo con cortesia e regolamento alla mano, perché alla Conferenza sono possibili solo emendamenti e, perciò, di presentarlo ai prossimi direttivi. È strano perché al mattino hanno dato la comunicazione di presentare gli ordini del giorno entro le 13. Non abbiamo dichiarato guerra per un ordine del giorno che non avrebbe cambiato una virgola e abbiamo accettato la decisione burocratica con grande signorilità. Chi vuole lo può leggere qui sotto e utilizzarlo alla bisogna per le Conferenze d’altri territori che, magari, avranno miglior fortuna...


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CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE CGIL VERCELLI
Vercelli, Venerdì 19 Giugno 2014

Ordine del giorno: pensioni
primo firmatario Lorenzo Mortara


CGIL CISL e UIL, hanno accettato di soppiatto di istituire un tavolo permanente di confronto sulle pensioni con il Governo, non solo quindi sul tema del recupero della mancata perequazione dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito il diritto al recupero integrale di quanto sottratto dal governo Monti a milioni di pensionati, ma più in generale sul sistema previdenziale pubblico.

La CGIL decide di sedersi a questo tavolo senza avere mai discusso né definito collettivamente, dentro e fuori i gruppi dirigenti e con i lavoratori e lavoratrici, quale piattaforma sostenere nel rapporto con un Governo che si appresta a tagliare nuovamente le pensioni.
L’obbiettivo del Governo è evidente. Il crescente ricorso alla decontribuzione di fette sempre più ampie del salario e la riduzione della base occupazionale sono parte di un disegno che vuole cancellare ciò che resta di quella che fu la previdenza pubblica. Il decreto legge che il governo ha emanato dopo la sentenza della Corte Costituzionale è un imbroglio vero e proprio che costituisce l’aggiramento di un diritto.

La CGIL di Vercelli, chiede la convocazione urgente di un direttivo nazionale per definire una bozza di piattaforma rivendicativa sulle pensioni da sottoporre all’insieme del mondo del lavoro. Senza questo passaggio ritiene che non si possa avviare un confronto ed esprimere posizioni su una materia che riguarda la vita di decine di milioni di lavoratrici e di lavoratori.

Occorre rivendicare il recupero integrale dell’adeguamento delle pensioni bloccate dal governo Monti nel 2012.

La CGIL non deve cercare un accordo forfettario col Governo. Questo, infatti, è il senso del tavolo permanente. La CGIL deve impegnarsi in generale per denunciare la volontà del Governo di manomettere ulteriormente il sistema previdenziale.


Giù le mani dalle pensioni!

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Documento della conferenza di organizzazione Vercelli Valsesia.
Bozza del 17 giugno ’15.


La Conferenza di Organizzazione della Camera del Lavoro Vercelli Valsesia assume la relazioni del Segretario organizzativo e gli interventi che hanno alimentato il dibattito di questa nostra Conferenza.
In particolare occorre considerare che affrontiamo la nostra conferenza di Organizzazione in un momento particolarmente difficile per il futuro della CGIL e del Sindacato italiano.
Da un lato il Governo Renzi che mira a riscrivere tutte le regole del confronto democratico del nostro Paese, cercando di relegare le forze sociali ad un ruolo assolutamente marginale nel nostro Paese. Dall’altro la complessiva sfiducia dei lavoratori, delle lavoratrici, dei pensionati e delle pensionate, nei nostri confronti e, più in generale, nei confronti dei ruoli di rappresentanza.

Le sfide che ci attendono sono molte e sarebbe necessario che la CGIL si attrezzasse per affrontarle per tempo.

Da ormai diverso tempo la CGIL ha una costante diminuzione delle risorse economiche disponibili sia per quanto riguarda le categorie, con alcune in forte sofferenza finanziaria, sia, di conseguenza, per le confederazioni. I futuri provvedimenti annunciati dal Governo, tagli di risorse per i patronati e per i CAAF, si aggiungono, quindi, ad una situazione già di per se complicata sotto il profilo economico finanziario.

A queste oggettive difficoltà già presenti nella nostra organizzazione, si aggiungono le incertezze sul futuro delle modalità di adesione al Sindacato considerando le implicazioni che deriveranno dall’applicazione delle normative previste dal jobs act le quali, contraendo i diritti e le sicurezze delle lavoratrici e dei lavoratori, rischiano di diminuire sempre di più le iscrizioni con delega al sindacato, unica fonte certa di finanziamento, e di aumentare la conflittualità con conseguente aumento della spesa per poter garantire le tutele individuali delle lavoratrici e dei lavoratori.

È necessario che la CGIL, tutta la CGIL, si attrezzi per tempo per far fronte alle future difficoltà studiando nuove forme di adesione alla nostra organizzazione e nuove modalità per rispondere ai nuovi bisogni, ai bisogni che non abbiamo saputo cogliere in questi anni, alle modifiche dei rapporti di lavoro ed al tema, sempre presente, della precarietà. NiDIL è un primo passo ma non può essere l’unico.
La conferenza ritiene necessario che la CGIL riprenda, con più forza, il proprio ruolo sul tema dei rinnovi contrattuali e delle pensioni. La recente sentenza della Corte Costituzionale, sul blocco delle rivalutazioni delle pensioni, ha dimostrato le ragioni dei lavoratori e delle loro rappresentanze, ma anche evidenziato i limiti delle azioni messe in campo.
Non è solo un problema che riguarda il livello nazionale. Anche la CGIL Vercelli Valsesia deve coinvolgere sempre più l’intera organizzazione, le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate ed i pensionati, nella costruzione dei propri percorsi rivendicativi.
Con queste nuove modalità dobbiamo costruire le piattaforme per la contrattazione sociale territoriale. Un nuovo modello di condivisione che deve vedere, in tutte le sue fasi, l’impegno dell’insieme dell’organizzazione iniziando dalla preparazione delle piattaforme, facendo riferimento alle esperienze di questi anni con lo SPI e le sue leghe, sia nella successiva fase attuativa. Un’attenzione particolare occorrerà prestare alla vertenzialità, anche con l’obiettivo di operare un coordinamento e un monitoraggio tra le categorie in merito a contenziosi o azioni legali riguardanti tematiche di comune interesse. In quest’ottica la conferenza ritiene necessario un potenziamento dell’ufficio vertenze, una verifica delle convenzioni con i legali e dei costi legati alle vertenze.

Alle difficoltà economiche, si aggiungono quelle derivanti da un mutato quadro istituzionale, che ha modificato i confini di riferimento in cui agiscono le nostre controparti, che rende difficile confrontarsi con le vecchie modalità per gli interessi che noi vogliamo rappresentare.
È un altro dato oggettivo che, in tutti i nostri settori di riferimento, l’ambito provinciale non è più l’orizzonte in cui dobbiamo confrontarci e misurarci. Se i capitali si sono sempre mossi in ambito sovranazionale, oggi anche le scelte strategiche locali si muovono in ambiti diversi da quelli che conoscevamo. A nessuno credo sfugga che le politiche sanitarie, quelle sociali, quelle industriali e quelle sui servizi, si muovono oltre i nostri confini e coinvolgono territori diversi che hanno, anche sotto il profilo morfologico, conformazioni diverse.

Per far fronte a queste nuove sfide le altre Organizzazioni sindacali, quelle datoriali ed anche alcune pubbliche amministrazioni, hanno modificato la loro organizzazione territoriale. Pensiamo all’Area vasta pensata dalla Regione per la gestione dei servizi delle Province, al quadrante in Sanità all’idea di accorpare le Camere di Commercio. Tutte modalità che rispondono a due criteri sostanziali: risparmiare risorse, garantire il più possibile i servizi. Tutti questi soggetti stanno cercando di attrezzarsi per le nuove sfide economiche, sociali e politiche. Al contrario la nostra Organizzazione continua a muoversi, a ragionare ad agire all’interno dei propri territori con l’unica positiva eccezione della CGIL di Novara e Verbania.
La CGIL Vercelli Valsesia ritiene che sia sempre più necessario agire, progettare, e pensare la propria azione politica ed organizzativa in un ambito sovra provinciale. Questo non vuol dire chiudere l’esperienza positiva delle attuali articolazioni territoriali della CGIL e meno che mai delle Camere del Lavoro. Nessuno vuol far si che venga cancellata in un solo colpo la storia delle nostre Camera del Lavoro (Vercelli e Borgosesia) o di quelle di Biella, Novara e Verbania. La conferenza di organizzazione della CGIL Vercelli Valsesia ritiene necessario dare mandato alla propria segreteria provinciale di riprendere al più presto la discussione iniziata tempo fa’ insieme alla CGIL Piemonte, alle Categorie regionali ed alle Camere del Lavoro piemontesi, con l'obiettivo di ottimizzare le risorse umane ed economiche, creando i presupposti ad accorpamenti funzionali delle Camere del Lavoro, o delle categorie, che ne avranno la possibilità e le condizioni.

La conferenza ritiene altresì che sia necessario:
  1. Uno sforzo maggiore, così come peraltro previsto dal documento nazionale della nostra conferenza, al fine di fornire un’adeguata formazione ai quadri ed ai delegati, anche finanziando un apposito fondo al fine di garantire i necessari permessi e distacchi sindacali.
  2. Avviare una serie di iniziative in favore dei migranti, al fine di contrastare le derive di intolleranza e di razzismo che arrivano, in maniera demagogica, da alcuni orientamenti politici che cavalcano le paure delle persone ai soli fini elettorali.
  3. Aumentare i momenti di confronto tra le categorie ed i servizi, anche utilizzando delle conferenze dei servizi e delle riunioni di apparato al fine di migliorare le relazioni tra i compagni e garantire migliori servizi.
  4. Che la Confederazione, individui contesti produttivi nei quali sperimentare una pratica contrattuale di sito sistematizzando e coordinando la presenza e l’azione delle singole categorie. Si ritiene inoltre utile in generale che nelle situazioni produttive ove insistano applicazioni contrattuali diverse si proceda al coordinamento dell’attività delle singole categorie, con particolare attenzione alla ricostruzione delle filiere produttive e all’inclusione delle tipologie di lavoro non dipendente e della somministrazione.
Il nostro impegno, e quello dell’intera organizzazione, deve essere finalizzato a far si che la CGIL non sia solo un luogo fisico, un palazzo, dove entrare per risolvere i propri problemi, come in qualsiasi ufficio assistenziale. Ma che continui a essere un luogo di accoglienza, democrazia e partecipazione attiva per tutte le persone che vogliamo rappresentare: lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati.


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